11/12/09

Mùvos Cap.1

Ognuno ha il desiderio di essere ricordato. Ogni uomo brama la memoria. La propria. Per tutti, per sempre.
Il bisogno di tramandare.
Questo, è muvòs.




Capitolo 1


Bruciava. Oh si, che bruciava. Era come una ferita aperta che non si chiudeva mai, una ferita profonda e senza uscita come un buco nero. Era tremendo quel senso di oppressione e sconfitta che rimbombava nelle orecchie, quell’affanno che invadeva ogni fibra dell’essere e si espandeva lentamente. E dolorosamente.
E non poteva farci niente.
Viveva nell’incompleta impotenza, bramando quel potere che era quasi stato suo, ma che gli era stato sottratto.
Era frustrato. Era stato abbandonato, mollato come una ball usata, che fino a poco tempo prima aveva contenuto una creatura in grado di renderti potente.
L’ingratitudine che provava e che gli altri provavano per lui era così potente…talmente potente da renderlo cieco, cieco di rabbia. Una furia che non lasciava scampo. Se solo fosse stato possibile usarla…
Si lasciò andare sulla poltrona di pelle nera, e lisciandosi la barba incolta che cresceva sul mento ricordò per l’ennesimo volta il momento in cui aveva avuto in mano le sorti d un’intera regione. Se solo non ci fossero stati quegli scocciatori…Quello scocciatore.
Strinse i pugni, battendoli violentemente sul tavolo.
Non aveva nulla da fare. Nulla. Niente. Nemmeno una cosa che occupasse qualche minuto di tempo. Aprì cassetti a cavolo, cercando una qualsiasi cosa che tenesse la sua mente sgombra: alcune vecchie scartoffie, delle vecchie foto, una bandana azzurra, dei quaderni, qualche penna…La bandana.
Tutto ritornava. Come una furia.
Imprecò in tutti i modi possibili, mentre si alzava faticosamente dalla sedia.
Le cose potevano cambiare. Le cose dovevano cambiare. Le cose volevano cambiare.

-Max, cazzo, spostati di lì!-
-Scordatelo. Le cose non dovevano cambiare?-
-Ma non così! Santo Cielo, muoviti!-
-Sembra strano che io dica una cosa del genere. Ma sappi che…-
Un tonfo sordo. Qualcosa che si rompe. E poi il vuoto.


**

-Martes, non lo farai.- quegli occhi penetranti, freddi come il ghiaccio nel pieno del più freddo inverno.
La donna abbassò il capo, per poi portarlo in alto, orgogliosa, e annuì. Pochi secondi dopo, la porta si era richiusa alle sue spalle, con lui solo.
-Lo hai fatto…Bastarda…- calciò la scrivania, con il solo risultato di rendersi ridicolo, mentre si teneva il piede dolorante.
E così era tutto finito? Era tutti andato all’aria? Era così?
Che bel modo per premiare tutta la fatica che aveva fatto. Il mito del Team Galassia svanito nel nulla, come una stella luminosa che esplode di colpo svanendo e viene dimenticata.
Che mondo pieno di inetti, idioti, stupidi e ignoranti….La degradazione della specie umana: la vergogna dell’intero Universo.
La sua nuova dimensione di vita, la sua nuova civiltà, la sua. Solo sua, non di altri aborriti con la mania di far sparire la terra o il mare, o con il semplice gusto di distruggere per incutere terrore. Una nuova vita, piena di godurie e riconoscimenti… Tutto svanito.
E lui non poteva farci nulla. Come odiava l’impotenza. La debolezza. I sentimenti.
Era lì, fermo, in piedi, di fronte a quello che una volta era suo, al suo comando, ai suoi ordini. Quella sala grande, con quel meraviglioso simbolo dorato alle pareti, che mostrava la grandiosità di quello che lui era e dell’impresa che era predestinato a compiere, ma che ormai non avrebbe più trovato posto nei libri di storia.
-Dannazione.- il fallimento. La perdita. Il nulla.

-Oh, ma che bel bambino che abbiamo qui…-
-Dimmi, tesoro, sei solo?-
Annuì.
-Vuoi venire con noi?-
Cominciò a correre. A perdifiato. Per le strade buie della città.

**

Carezzava lentamente il pelo morbido del suo Persian. Il volto nella penombra rendeva la sua espressione ancora più cupa. Era così calma che metteva i brividi: gli zigomi totalmente rilassati, come la fronte; nessun cruccio, nessuna piega visibile. Il ritratto della pacatezza. O per meglio dire, la calma di un vulcano prima che esploda in un’eruzione devastante.
La mano che sfiorava il Pokèmon tremò leggermente, sotto il peso di un’oppressione che non riusciva più a trattenere.
Si alzò di scatto, al che la poltrona su cui era comodamente seduto cadde in un tonfo sordo, e battè un pugno sul tavolo, il viso contratto in una smorfia di sdegno…e di dolore.
Quel dolore che gli squarciava il petto ad intervalli irregolari. Si portò la mano all’altezza del cuore, stringendo la giacca ben abbottonata in una stretta convulsa.
Il Persian lo guardò preoccupato, alzandosi in piedi e strusciando delicatamente il muso sul tessuto ruvido dei pantaloni dell’uomo, che prontamente lo cacciò con un gesto veloce, per poi piegarsi ancora di più su se stesso, poggiando la mano libera sul tavolo di fronte a lui.
Boccheggiò un paio di volte, per poi lasciarsi cadere a terra una volta terminata la fitta.
Respirò affannosamente, la mano destra ancora sul petto, tentando di riprendere un respiro regolare.
Era tutta colpa sua. Non smetteva di tormentarlo.

Potrei farti morire, solo se volessi. Lo sai questo?
Sorrise –Ovvio. Ma non lo farai. Ti servo ancora, in qualche modo.-
Ma ti farò soffrire. Vide un ghigno sul suo volto. Presto, molto presto.
-Non vedo l’ora.- quel sorrisetto sarcastico andava cancellato. Il più presto possibile.

**

-Marge!- era la quinta volta che la chiamava –Marge! Ma dove cazz…-
Silenzio.
-E’ vero….- sospirò furente –Se n’e andata…-
Si sentì un rumore di carta che veniva stropicciata. La stanza in meno di un minuto era caduta nel casino più totale.
Rise di se stesso. Da quando in qua Max il pacato, il calmo, quello che non perdeva la pazienza, era diventato così esuberante? Sul suo volto comparì un sorriso amaro. Piegò le dita della mano a pugno, come se avesse qualcosa da stringere…Qualcosa di rosso, potente…
Altri fogli all’aria.
Che schifo di situazione. Che schifo di mondo. Era tutto andato all’aria. Ma poteva consolarsi: non solo a lui era andata così. C’era qualcun altro che ne pagava le conseguenze. Di cosa? Tsk, della cazzata più grande che un uomo potesse mai fare: lasciarsi sfuggire il tutto…
L’amarezza pervase i suoi occhi stanchi. Prima il tutto, ora il niente…
Si, che schifo di mondo che era, quello.

-Stai scherzando. Si, stai scherzando. Stupido pazzo.-
Lo sguardo più serio che avesse mai visto si piantò nei suoi occhi.
-Non stai scherzando, eh.-
-Non mi fai ridere, Max.-
-Nemmeno tu.-
-Infatti non lo dovresti fare. Fossi in te, mi metterei a piangere.-

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