27/12/09

Mùvos Cap.3

Com'è che si dice? Anno nuovo vita nuova!?
Bhe, so che non siamo ancora nel 2010, e colgo l'occasione per farvi tanti auguri di Natale, anche se un poì in ritardo >.<', ma ho deciso che mi metterò d'impegno e che terminerò le fiction lasciate in sospeso. Comincierò da Our Journey e proseguirò con le altre. Questo è uno dei miei propositi per l'anno nuovo *O* Ma ora, la smetto di chiacchierare e posto un'altro Capitolo di Mùvos *^*!!

Capitolo 3


Perchè ognuno vuole compiere grandi azioni.
Perchè l'uomo è carico di ambizioni.
Perchè queste ambizioni, dovranno diventare leggenda...


-Ivan, cazzo, apri.- Max continuava a bussare insistentemente alla porta di un appartamento mezzo in rovina.
-Non ho voglia di vedere la tua faccia smunta, fila via.- rispose il moro da dietro la morta di legno marcio. Il rosso poggiò sconfitto i pugni sulla porta –Ma guarda come ti sei ridotto. Mi fai proprio pena.- disse sospirando –Eppure non eri tu che dicevi di esse…- si sentì il rumore metallico del chiavistello che scattava, e la porta si aprì cigolando, rivelando un Ivan furente –Prova a ridirlo e giuro che io….-
-Sapevo che mi avresti aperto- sorrise sornione l’altro, squadrandolo dall’alto in basso, al che Ivan capì di essere stato fregato. Un’altra volta. –Lo sai che ti odio.-
-Ma come!? Non sono forse il tuo migliore amico!?- sorrise nuovamente ironico Max, continuando a guardarlo –In effetti ciò che ho detto non è poi così lontano dalla verità…- si soffermò sui pantaloni logori dell’uomo e sui capelli scoperti, senza alcun tipo di cappello o copricapo.
-Se volevi che ti venisse chiusa la porta in faccia hai fatto la cosa giusta- elargì Ivan accostando la porta, ma il rosso la bloccò –Sono venuto a parlarti dello psicotico.-
-Chi? Tuo padre?- rise di gusto l’ex capo Idro.
Max lo fulminò con lo sguardo –No, Cyrus. Quello, psicotico.-

-Sicuro di volerlo fare?-
-Non ti avrei interpellato sennò, non credi?-
-E poi ero io quello matto!-
-Io direi di smetterla. Siete due matti.-
-In verità siamo tre.-
-Mancherebbe il quarto, allora.-
-Che vuoi dire, sirenetto?-
-Lo sai. E prova di nuovo a chiamarmi sirenetto che ti spacco il setto nasale!-


**

-…Kleo?- esordì tentennante. Quella donna provocava in lui ancora dello scompiglio, nonostante l’età –Sei in casa?- entrare lì dentro evocava in lui molti ricordi.
“Cazzo…” rise, coprendosi il volto con una mano. Era mai possibile che si sentisse ancora così, dopo sedici anni?
-Cyrus,…Se-sei tu?- deglutì. Si sentiva agitato. Posò la borsa a terra, biascicando un qualcosa come ‘Ehm....’, e mezzo secondo dopo si ritrovò tra le braccia di una donna, che lo aveva stretto a sé, attirandolo dolcemente.
Avvampò, rimanendo con le braccia a mezz’aria, e boccheggiando l’ossigeno che gli era venuto a mancare, un po’ per la stretta dell’abbraccio, un po’ per imbarazzo. Ma si convinse che era per colpa della stretta un po’ troppo forte.
Quando la donna sciolse delicatamente l’abbraccio, lo fissò negli occhi.
Era ancora lei. Alta e slanciata, dall’alto dei suoi cinquanta e passa anni, i capelli castani sciolti sulle spalle a mò di bambina dispettosa, il sorriso furbo e gli occhi verde chiaro. Non era cambiato nulla in quella donna. Nulla. Forse qualche ruga in più, che nemmeno si scorgeva sul suo volto sempre solare che aveva conosciuto poche volte le lacrime di amarezza.
Le labbra carnose le si incresparono in un sorriso –Mi sei mancato.-
“Anche tu…” pensò Cyrus, anche se tentò di mantenere lo sguardo più duro e impassibile che poteva.
-Ve-vedo che sei cresciuto…- balbettò Kleo spostando imbarazzata lo sguardo sul pavimento, come fa una bambina quando viene sgridata. Il ragazzo si avvicinò lentamente, interrogandola con lo sguardo –Io…- continuò la mora, sentendosi gli occhi lucidi –Io non…- rimase sbalordita, immobilizzata dall’abbraccio improvviso di Cyrus.

-Urgh….Che fatica! Ma quanto diamine pesano questi scatoloni??- si lamentò una ragazza sulla trentina, tentando di aprire la porta di uno sgabuzzino malmesso. Cercando di trovare l’interruttore della luce, inciampò, rovinando maldestramente a terra, rovesciando così il contenuto degli scatoloni che teneva in mano. –E ora come faccio? Ci metterò secoli a rimettere tutto dentro!- si lamentò, cominciando a riporre gli oggetti caduti nei contenitori.
Mentre sistemava più in fretta possibile, la sua mano sfiorò qualcosa di caldo: qualcuno stava raccogliendo le varie scartoffie e i vari aggeggi caduti, rimettendoli silenziosamente nelle scatole.
La luce si accese, rivelando un ragazzo che aveva la metà dei suoi anni. Alzò lo sguardo, puntando gli occhi chiari su quelli della ragazza.


**

Le eliche dell’elicottero giravano velocemente, creando un frastuono pazzesco, che copriva qualsiasi altro suono.
Dove pensi di andare??
-Non ti importa. Togliti di torno, rompiscatole.-
Vuoi che ti faccia del male?
-Non puoi. Almeno, non qui.- sorrise –Se dovessi sentirmi male su questo elicottero, perderei i comandi, il veicolo perderebbe quota, io perderei la vita, e tu perderesti la tua strana vendetta. Come vedi ho pensato a tutto.-
Seguì un lungo silenzio.
Lo sai che non mi farei scrupoli. Potrei farti morire adesso. Senza nemmeno il tempo di sentirti male e precipitare.
-Ma non avresti ciò che vuoi, giusto? Oh, sarebbe umiliante, non credi?- rise.
Dovrai scendere da qui, prima o poi.
-Anche questo è vero. Uff, troverò mai un modo per fregarti?-
No.
-Ma un modo per ucciderti dovrà pur esserci. In fondo, sei un essere vivente.
La presenza era sparita. Giovanni sospirò. La regione di Hoenn era apparsa di fronte ai suoi occhi, e lui doveva prepararsi psicologicamente per il male che avrebbe sentito quando sarebbe sceso dall’elicottero.

-Che volete da me?-
-Noi ti conosciamo. Vogliamo solo…il tuo aiuto.-
-E cosa comporterebbe questo?-
-La vittoria.-
-E cosa ci guadagnerei?-
-Il mondo.-

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