11/12/09

Mùvos Cap.2

Per anni l'uomo ha avuto questa esigenza. L'esigenza di farsi conoscere.
Di farsi ricordare.
Di restare impresso nella storia.
Come gli eroi di un tempo, per essere ricordato e glorificato.
Per sempre.





Capitolo 2



Pioveva.
Diluviava.
Il vetro del finestrino era ricoperto di minuscole gocce che rilucevano sotto la vacua luce delle lampadine al neon del treno.
-Il Velotreno per Hoenn è in partenza. Ripeto, il Velotreno per Hoenn è in partenza.- La voce tenue dell’autista risuonò nell’abitacolo ovattata.
L’uomo si mise comodo, per quanto poteva. Evocava brutti ricordi, quella scatola di latta…Brutti ricordi.

-Il Velotreno per Sinnoh è in partenza! Si pregano i passeggeri di sedersi e di allacciare le cinture di sicurezza.- Annunciò l’altoparlante mezzo scassato.
Era notte fonda, e pioveva a dirotto. La regione intera pareva piangere con lui. Per lui. Solo dopo avrebbe scoperto che quella era solo pietà, compassione.
Si raggomitolò, spaurito ed infreddolito com’era, su se stesso, nascosto nel vano bagagli del treno. Piangeva o era la pioggia che entrava dal finestrino aperto a bagnargli il volto?
Non lo sapeva, o forse, non gli importava. Stava tornando a casa, stava fuggendo da una situazione inconcepibile per un bambino di quell’età.
Si sentì uno stridio metallico. Il treno stava partendo.

Non riusciva a trovare una posizione adatta. Era tutto scomodo, ogni cosa. Si alzò, spazientito. Il cappuccio che celava il suo volto rischiò di cadere all’indietro per via del vento che entrava da un vetro aperto.
Rischiò di cadere una quindicina di volte, data l’elevata velocità del mezzo, e fu costretto ad aggrapparsi alle sedie degli altri passeggeri.
Trovò la porta del bagno e ci s’infilò dentro, sfilandosi in fretta il cappuccio, rivelando così i capelli azzurri. Prese il cellulare e compose un numero.
-Pronto?- Rispose la voce all’altro capo del telefono.

**

-Sempai! Sempai, non andare!- Un ragazzino urlava a squarciagola, sbracciandosi come un forsennato al limite del ponte di attracco delle barche.
-Stammi bene, ragazzo!- Sorrise un ragazzo sulla ventina, i capelli argentati svolazzavano sbarazzini per via dell’aria.
-Portami con te, almeno!! Per favore!- Si disperò il bambino. I capelli neri impiastrati di sale, aveva da poco fatto un bagno.
-La prossima volta! E’ una promessa!- Sorrise ancora salutandolo con un gesto della mano.
Non l’avrebbe mai mantenuta, quella promessa.

Correva nelle strade deserte della città, l’impermeabile tirato su fino al mento. Pioveva a dirotto, ma quello spettacolo non lo emozionava più come una volta.
Entrò trafelato in biblioteca, richiudendosi il pesante portone alle spalle.
Sfilò rapido gli immensi corridoi dell’edificio, fermandosi alla M di miti. Imboccò il corridoio, silenzioso come un’ombra, e quando trovò il libro che lo interessava, se lo mise sottobraccio. Le sue labbra si incresparono in un sorriso poco rassicurante.

**

-Che schifo.- Guardava riluttante la pioggia scrosciante fuori dalla finestra.
Poggiò il mento sulla mano e cominciò a giocherellare con una pallina di carta.

-Così questo sarebbe suo figlio…?-
Annuì.
-Viene con me.- Assentì fissando il ragazzino. Questo lo guardò impaurito. –Piccolino, da oggi sarò il tuo nuovo papà.- Sorrise pacatamente l’uomo, prendendogli la mano. –Sarai un mio degno successore…E soprattutto…Non avrai una madre bastarda che ti crescerà come un idiota. Non avrai una madre che ti crescerà come un figlio.- Sorrise di nuovo.
Non sapeva perché, ma quell’uomo gli metteva paura. Tanta. E voleva fuggire.


-Chi…Oh…Cy..? Ma chi…- La donna parlava a scatti, tentando di capire chi fosse al telefono -Cy-Cyrus! Sei tu! Oh, che il Cielo sia benedetto! Ma dove…- La voce venne ruppe da un pianto sconnesso.
Max si alzò furente dalla sedia, aprendo la finestra, con il solo risultato di bagnarsi completamente –Insomma! La vuole sme…-
-Cyrus!-
Il suo cuore perse un battito. Cyrus? No, era una coincidenza.
I capelli rossi ricadevano bagnati sul volto, su cui scorrevano rivoli d’acqua. Annaspò. Non poteva essere lui. Non in quel momento. Non lì.
Non era abbastanza tutto ciò che era successo? Ci voleva anche un altro psicotico? Ma no, non poteva ess…
-Certo. Farò il possibile…Mi sei mancato così tanto…-
Merda.

**

-Mamma, dov’è papà?-
-E’ morto.-
-Non è vero! Perchè mi dici bugie? Eh? Bugiarda! Bugiarda!-
-STAI ZITTO!-
Impallidì.
-Quel pezzente di tuo padre è andato al diavolo, dritto all’Inferno, lì dove deve stare. Non mi chiedere più di lui. Mai. O ne pagherai le conseguenze, stupido ragazzino.-

Buonasera, Giovanni.
-Che vuoi?-
Altra fitta. Mai rispondergli così, lo avrebbe dovuto sapere.
Niente. Solo torturarti un pochino.
-Vai a torturare mia madre o mio padre…Io non c’entro niente…-
Dici? Mh. Hai preso molto da tuo padre, sai?? Rise quasi impercettibilmente.
-Stai zitto!-
Anche a tua madre.
-VAI AL DIAVOLO, MOSTRO!- Lanciò una sedia con tutta la forza che aveva in corpo, poi cadde a terra, in preda ad un’altra fitta.
Delle parole aleggiarono silenziose nell’aria.
Farà sempre più male, Giovanni. Sempre più male.

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